Come può la certificazione GO2FOOD di RINA aiutare la filiera del food a portare un cambiamento in positivo nell'ambito dello spreco alimentare? I dati infatti non riportano ottime indicazioni rispetto a questo tema e sembrano un ostacolo troppo grande da superare.

Ogni anno infatti, nel mondo, circa 1,05 miliardi di tonnellate di cibo finiscono sprecate. Questo valore corrisponde a un terzo della produzione globale (circa il 33%). È un dato impressionante se pensiamo che la popolazione mondiale supera gli 8 miliardi e che, secondo la FAO, quasi 800 milioni di persone soffrono ancora la fame o non hanno un accesso sicuro e costante al cibo.

Il paradosso è evidente: mentre in molte aree del pianeta si combatte la denutrizione, nei Paesi industrializzati e nelle economie emergenti gran parte del cibo viene acquistato, trasportato, cucinato e infine buttato. Questo spreco ha conseguenze non solo etiche e sociali, ma anche ambientali: lo spreco alimentare è responsabile del 10% delle emissioni di gas serra globali.

Secondo le più recenti analisi, del 33% di cibo prodotto che diventa rifiuto:

  • il 19% viene sprecato lungo la catena della distribuzione al dettaglio, nella ristorazione e soprattutto nelle famiglie;
  • il restante 13% si perde già nelle prime fasi della filiera, durante la produzione e la raccolta.

Questi numeri ci dicono che non si tratta soltanto di un problema del consumatore finale, ma che ogni anello della filiera alimentare contribuisce al fenomeno.

In Europa lo spreco di cibo rappresenta una delle principali criticità affrontate dalle politiche comunitarie. La Commissione europea si è impegnata a dimezzare lo questo spreco entro il 2030, in linea con l’obiettivo 12 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

Secondo stime dell’Eurostat, ogni cittadino europeo spreca in media tra 70 e 90 chilogrammi di cibo all’anno. L’impatto non è uniforme: i Paesi dell’Europa occidentale e meridionale presentano livelli più alti, mentre nei Paesi del Nord alcune politiche di prevenzione hanno già portato a riduzioni significative.

In Italia il tema è particolarmente sentito. Negli ultimi anni la sensibilità dei cittadini è cresciuta e i dati lo confermano: lo spreco settimanale medio per famiglia nel mese di agosto 2025 è stato di 555,8 grammi, in netto calo rispetto ai 683 grammi registrati nello stesso mese del 2024.

Si tratta di un miglioramento che testimonia l’impegno verso una maggiore consapevolezza: pianificazione dei pasti, attenzione alle date di scadenza, acquisti più mirati e condivisione del cibo in eccesso con amici o vicini sono pratiche sempre più diffuse.

Nonostante il progresso, il fenomeno rimane rilevante. Le categorie di alimenti più sprecati in Italia sono la frutta fresca (22,9 grammi a settimana per famiglia in media), la verdura fresca e il pane. Questo avviene perché sono alimenti deperibili e spesso acquistati in quantità superiori al reale fabbisogno.

Chi spreca di più: famiglie, ristorazione e filiera

Le famiglie sono responsabili della quota più alta di sprechi, soprattutto in Italia e nei Paesi mediterranei. La cultura della spesa settimanale abbondante, la preferenza per prodotti freschi e l’abitudine a cucinare in grandi quantità generano inevitabilmente eccedenze.

Tuttavia, negli ultimi anni, si registra un’inversione di tendenza: cresce la propensione a un consumo più consapevole, con una particolare attenzione delle nuove generazioni alla sostenibilità. I giovani mostrano una maggiore sensibilità verso pratiche come:

  • il meal planning (pianificazione dei pasti);
  • l’acquisto di prodotti di stagione;
  • la condivisione delle eccedenze tramite app dedicate o reti di solidarietà.

Interessante anche l’analisi sociologica: le famiglie con figli sprecano il 17% in meno rispetto a quelle senza figli, che al contrario registrano un +14%. Questo dato sembra riflettere una maggiore organizzazione domestica e un’attenzione più marcata al valore del cibo quando si hanno bambini in casa.

Una parte consistente dello spreco avviene ben prima che il cibo arrivi sulle nostre tavole. Durante la produzione agricola, molti prodotti vengono scartati perché non rispettano standard estetici o di pezzatura richiesti dal mercato. In fase di raccolta e trasporto, altri alimenti si deteriorano a causa di infrastrutture logistiche insufficienti o errori di conservazione.

Anche la grande distribuzione gioca un ruolo: le politiche di marketing che spingono all’acquisto di grandi quantità (2x1, promozioni sulle eccedenze) possono generare surplus non gestibili dalle famiglie.

Un capitolo a parte riguarda la ristorazione, che rappresenta uno dei settori più critici per lo spreco alimentare. Nei ristoranti, nelle mense e nei catering lo spreco si verifica in tre momenti principali:

  1. In cucina, quando la preparazione dei piatti richiede quantità superiori a quelle effettivamente consumate;
  2. In sala, dove porzioni troppo abbondanti portano i clienti a lasciare parte del piatto;
  3. Nella gestione delle scorte, quando alimenti acquistati in eccesso non vengono utilizzati in tempo.

Molti ristoratori stanno adottando soluzioni innovative, come porzioni ridotte, menù calibrati e la possibilità per i clienti di portare a casa gli avanzi (le cosiddette “doggy bag”, che in Italia stanno lentamente diventando più accettate).

Nonostante queste buone pratiche, la ristorazione rimane una delle aree con maggiore potenziale di miglioramento: ridurre lo spreco significherebbe non solo abbattere i costi, ma anche contribuire a un’immagine aziendale più sostenibile, sempre più apprezzata dai consumatori.

GO2FOOD: una risposta concreta allo spreco alimentare

GO2FOOD: come affrontare lo spreco alimentare

Per aiutare le organizzazioni della filiera alimentare a ridurre concretamente gli sprechi, nasce GO2FOOD, il nuovo schema di certificazione sviluppato da RINA, società internazionale di certificazione e consulenza. Questo schema normativo è pensato per le realtà che compongono il settore del food come ad esempio:

  • Le aziende della filiera: dai trasformatori ai produttori fino ai confezionatori;
  • Distribuzione: GDO, cash&carry, grossisti, piattaforme logistiche sono alcune categorie che possono certificarsi;
  • Ristorazione: qualunque realtà che si occupa di servire da mangiare quindi ristoranti, catene, catering, mense scolastiche/aziendali/sanitarie (Ho.Re.Ca. e collettiva);
  • Retail & negozi specializzati: come ad esempio panifici, gastronomie, freschi;
  • Operatori di servizi connessi: tutte quelle attività laterali nella filiera alimentare come la logistica del freddo, i centri di smistamento, l'e-commerce food;
  • Organizzazioni non profit e food bank come partner per donazioni nell'ambito più ampio della filiera.

L’obiettivo è chiaro: fornire alle differenti tipologie di imprese del settore alimentare uno strumento operativo e riconosciuto per misurare, monitorare e ridurre gli sprechi lungo tutto il ciclo di vita del cibo.

La certificazione prevede una serie di passaggi che permettono ai ristoratori di:

  1. Analizzare i flussi alimentari: identificare i punti in cui si generano eccedenze o rifiuti;
  2. Implementare buone pratiche: dalla corretta gestione del magazzino alla formazione del personale, dalla definizione delle porzioni alla valorizzazione degli scarti (es. ricette di recupero);
  3. Monitorare i risultati: raccolta di dati quantitativi sullo spreco e confronto con gli obiettivi prefissati;
  4. Comunicare la sostenibilità: la certificazione diventa una garanzia per i clienti, che possono riconoscere un ristorante realmente impegnato nella lotta allo spreco.

Per un ristorante, ottenere la certificazione non è solo una questione di immagine. I vantaggi sono molteplici:

  • Riduzione dei costi: meno spreco significa meno acquisti superflui e maggiore efficienza;
  • Attrattività verso i clienti: i consumatori, soprattutto i giovani, premiano le attività sostenibili;
  • Allineamento con le politiche europee: anticipare gli standard che presto potrebbero diventare obbligatori.

UOMOeAMBIENTE è al tuo fianco per affrontare lo spreco alimentare

Come UOMOeAMBIENTE siamo partner strategici ed in piena sinergia con RINA e possiamo accompagnare qualsiasi tipologia di organizzazione del settore del food che vuole intraprendere questo percorso di certificazione e di lotta contro lo spreco di cibo. Il nostro supporto si articola in:

  • Audit preliminari per capire dove e come si genera lo spreco.
  • Formazione del personale per sensibilizzare camerieri e cuochi all’importanza di una gestione consapevole.
  • Implementazione di strumenti digitali per tracciare in tempo reale le eccedenze e trovare soluzioni di recupero.
  • Preparazione alla certificazione con simulazioni, raccolta di documentazione e supporto nelle fasi di verifica.

In questo modo, la lotta allo spreco alimentare diventa un percorso condiviso e non più soltanto un tema di sensibilità individuale e che coinvolge non solo chi gestisce il una realtà di settore. È una delle principali sfide globali del nostro tempo poiché ha impatti diretti sull’ambiente, sull’economia e sulla società a livello globale.:

Dal miliardo di tonnellate di cibo sprecato ogni anno nel mondo, ai progressi registrati in Italia con una riduzione dello spreco domestico, emerge una consapevolezza crescente. Tuttavia, il problema resta grave e richiede azioni coordinate a livello di filiera, con un ruolo chiave per la ristorazione.

La certificazione GO2FOOD di RINA rappresenta un’opportunità concreta per trasformare l’impegno contro lo spreco in un vantaggio competitivo e in un contributo reale alla sostenibilità.

Ognuno di noi può fare la sua parte: a casa, pianificando meglio gli acquisti, e fuori casa, scegliendo ristoranti che abbracciano pratiche virtuose. Ridurre lo spreco non è solo un dovere etico, ma un atto di responsabilità verso il pianeta e le generazioni future.